Splice (2009)

Splice è un film che al contempo attrae e lascia perplessi. Da una parte c’è sicuramente del buono: Vincenzo Natali, lo stesso che nel 1997 ci aveva regalato l’enigmatico Cube, lo scrive e lo dirige con coraggio, e può finalmente contare su un budget decente. I due protagonisti Adrien BrodySarah Polley (anche discretamente gnocca) sono cool e ben selezionati. La fotografia di Tetsuo Nagata è meravigliosamente ultra-patinata e sprizza tech-noirness da tutti i pori. La co-protagonista Delphine Chanéac, bellissima modella e DJ franco-canadese, è anche lei super-cool e perfetta per la parte (oltretutto pare che per prepararsi alle atmosfere del film abbia fatto una full immersion nella musica dei Cure, per cui le mettiamo un bel + sul registro). Il tema dello sconfinamento della sperimentazione genetica che Splice affronta è quantomai attuale oltre che interessante. Fin qui insomma tutto bene. Peccato che però poi tutte queste bellissime premesse finiscano per incanalarsi, via via sempre di più durante lo svilupparsi dell’azione, nelle guidelines del più classico creature movie – non dico alla Frankenstein ma quasi – che porteranno ad un finale (che non vi svelo) ampiamente prevedibile, in qualche modo annunciato, sicuramente deludente. Alla fine Splice è un’occasione colta a metà, un film capace di unire coraggio e innovazione all’incapacità di portare tutto questo fino alle estreme conseguenze, implodendo verso un finale trito e ritrito che lascia intravvedere dietro l’angolo uno Splice 2 di cui, sinceramente, non si sente il bisogno.

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