Sacco e Vanzetti (1971)

Un film documento, che Giuliano Montaldo gira con piglio asciutto, a tratti anche troppo, e che infatti decolla solo nella seconda parte, dopo un avvio stentato e confusionario, in cui devi proprio aver voglia di vederlo per resistere. Forse un po’ debole la sceneggiatura, o forse un montaggio non proprio indovinato, ma per fortuna il tempo scorre e scollini. E quella seconda metà, il racconto del processo, delle magagne, delle manifestazioni di piazza, vale tutto il film. Quando Gian Maria Volontè (Vanzetti) e Riccardo Cucciolla (Sacco) salgono in cattedra, finalmente protagonisti, il film svolta e ti colpisce alla bocca dello stomaco come un pugno. Al di là del valore cinematografico, quest’opera ha un valore storico assoluto, e denuncia un malcostume culturale che dal 1920 ad oggi sembra davvero essere cambiato molto poco, nella ricerca di una condanna politica – per un reato mai commesso – atta ad educare chi si ribella all’establishment (hai presente wikileaks?). Assolutamente da urlo l’arringa di autodifesa di Volontè, subito prima della condanna. E subito dopo, in modo diametralmente opposto, altrettanto memorabile il ‘no’ di Sacco (guardate il film e capirete). Insomma, un film da vedere, e su cui riflettere, cullati dalla musica del solito, enorme Ennio Morricone.

Bart Vanzetti: Sono così convinto di essere nel giusto, che se voi aveste il potere di ammazzarmi due volte, ed io per due volte potessi rinascere, rivivrei per fare esattamente le cose che ho fatto.

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Per Qualche Dollaro in Più (1965)

The man with no name is back, recitavano i trailer della distribuzione internazionale dell’epoca. E infatti Clint Eastwood torna – con lo stipendio triplicato – a indossare il poncho peruviano di Per un Pugno di Dollari. Dopo aver – quasi disperatamente – cercato di non fare un altro western, Sergio Leone torna dietro la macchina da presa per dirigere il secondo capitolo di quella che diventerà la trilogia del dollaro. E’ con questo film che Sergione mette a punto definitivamente il suo stile, segnando l’ultima svolta, e il destino, del genere western. Il film è meraviglioso e sostituisce la forzata semplicità del predecessore con una profondità e un’ampiezza capaci di mozzare il fiato. Cast e location migliorano, regalandoci una meravigliosa coppia di bounty killer all’inseguimento di una specie di mucchio selvaggio al comando di un tossico Gian Maria Volontè. Nel mio cuore c’è uno spazio, un cassettino dedicato alla scena finale: il duello tra Van Cleef e Volontè. Bellissimo, girato in purissimo Leone-style, con i due avversari agli estremi del fotogramma 2.35:1 e il carillon che suona in primo piano, tra le mani di Eastwood. E quell’ultimo dialogo che riassume in un commovente distillato la storia del film: Van Cleef: Ragazzo, sei diventato ricco. Eastwood: Siamo diventati ricchi… Van Cleef: No, tu solo. E te lo sei meritato… Eastwood: e la nostra società? Van Cleef: un’altra volta… Pellone d’oca, e storia del cinema.