Django Unchained (2012)

django djangoA prima vista potrebbe sembrare un genuino spaghetti western del 1967: tutto, dai colori ai titoli, dalle musiche alle inquadrature, trasuda Leone, Corbucci e tutti gli altri più o meno nobili predecessori. Con Django Unchained Tarantino raggiunge forse il massimo del citazionismo, perché questo film è dichiaratamente, anche se solo in parte, un grande omaggio a quel filone western all’italiana che per certi versi ha rappresentato per anni l’archetipo del b-movie. Dopo Django Unchained, naturalmente, tutti correranno in soccorso del capolavoro dichiarandosi da sempre fan del genere. I fedeli di directedby sapranno che noi lo siamo da sempre, e da prima 😉 Non so se questo sia il film definitivo di Tarantino, o quello più alla Tarantino. Di sicuro si tratta di un’opera meravigliosa, dove si incontrano molte anime, da quella di Sergio Leone fino a quella di Mel Brooks (la scena dei cappucci bianchi con i buchi degli occhi sbagliati potrebbe essere una deleted scene di Blazing Saddles), e anche l’anima del western italiano politico unito al gusto splatter di Dario Argento. E alla fine, mentre Trinità incontra Kunta Kinte, scopri che in realtà non si tratta di un vero “spaghetti”, ma ancora una volta di un revenge movie alla Kill Bill, con dietro tutta la forza di Hollywood, e quindi mezzi, locations, casting e respiro che rendono Django Unchained molto più vicino al western classico americano. Un discorso a parte merita – al solito in un film di Quentin – la colonna sonora, che unisce alla perfezione Morricone al rap più contemporaneo, raggiungendo veramente il massimo nella scena finale, dove inaspettata arriva Trinity e ti aspetti di vedere passare da un momento all’altro il cavallo di Terence Hill con la famosa slitta al traino. Potrei continuare ore a parlare di questo film, perché ogni dettaglio è studiato in maniera maniacale, strizzando l’occhio alla generazione di noi baby-boomer che possiamo ricordare di aver visto al cinema più o meno tutte le pellicole cui Django Unchained fa riferimento. Ma andrei contro le regole di directedby, con un commento davvero troppo lungo. Quindi, in definitiva, trattasi di capolavoro. Corri a vederlo, possibilmente non devastato dal doppiaggio nostrano.

Django (2012): D-J-A-N-G-O… The D is silent. Django (1967): I know

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Inception (2010)

Come aveva già dimostrato James Cameron con Avatar, per avere successo oggi basta una confezione esagerata con cui valorizzare quelle due ideuzze, o con cui nasconderne la totale mancanza. Inception è uno spettacolone di 150 minuti, costato 160 milioni di dollari (e dal 16 luglio 2010 ne ha già incassati quasi 800) che però, malgrado questa mega-confezione, sa di pochino. Christopher Nolan lo dirige bene ma in punta di piedi, sfornando un polpettone che pur non avendo nulla di sbagliato non ha nemmeno tutto questo granchè di particolare. Certo, trattasi di superproduzione da urlo e di film formalmente perfetto (la fotografia di Wally Pfister si trasforma ad ogni scena in godimento per gli occhi) e anche il cast è stellare al punto giusto, con il solito Leonardo DiCaprio (che personalmente trovo sempre troppo uguale a se stesso) ben integrato in particolare da Ken Watanabe e Cillian Murphy, cui si aggiungono i due cameo di Tom Berenger e del grande Michael Caine. Ma purtroppo Inception fallisce proprio dove sperava di sfondare, e cioè sulla capacità di stupire. Malgrado il disperato tentativo di farla passare per nuova, la storia del mondo parallelo non è nè più nè meno che quella di The Matrix (qui nei sogni, là nei computer) ulteriormente complicata – sempre alla ricerca dello stupore – dalla la storia dei vari livelli di sogno nel sogno, che non fanno che rendere il tutto ancor meno credibile, oltre che difficile da seguire. Tutta questa complicazione obbliga la prima parte del film a diversi momenti noiosetti dedicati alla spiegazione, e costringe poi ad un finale tirato via in cui in due minuti si passa dall’essere tutti nel limbo alla missione compiuta (del resto il film non poteva durare 3 ore). Nel conseguente happy end, che comunque avrebbe avuto anche un suo perchè, ancora una volta Nolan cede alla voglia di strafare e taglia la scena prima che la trottola cada (o non cada) in un maldestro e telefonatissimo tentativo di riaprire la partita. Che noia! In definitiva, un bel film d’azione, uno spasso visivo, con l’unico grande – enorme – difetto di essere poco originale e troppo pretenzioso.

Vedi anche cosa ne pensa Boomer nella sua recensione.

Shutter Island (2010)

Dopo qualche delusione – almeno per me – Scorsese torna a farmi godere. Shutter è un film bello e contorto, che mentre lo guardi, a tratti, puoi anche pensare che palle. Ma poi lavora sottopelle, e all’alba del giorno dopo ha il retrogusto del quasi capolavoro. Se a metà del secondo tempo hai la sensazione di impazzire… e se durante i titoli di coda sei li con la faccia da branzino, cercando di capire chi, come, cosa, quando… beh… bentornato, Martin.

The Departed (2006)

Scorsese riprova a fare se stesso ai tempi dei bravi ragazzi. E forse ci riuscirebbe anche, se non fosse per un casting troppo urlato. Nicholson ancora ancora (anche se a me pare che dal 1980 sappia solo fare la faccia da Shining), ma Di Caprio Damon sono troppo puliti e fuori ruolo per delle parti così ambigue (lacrimuccia di rimpianto ripensando al grugno di PesciDe NiroLiotta). Comunque da vedere. Alla carriera.