Dopo averci regalato lo splendido Dorian Gray (2009), Oliver Parker sale sul seggiolino dolly e dirige questo pericoloso sequel di Johnny English (2003). Il pericolo sta tutto nel rischio di assuefazione agli spy-spoof, che ormai abbondano dai vari Get Smart fino a Spy Hard, passando per tutta una serie di pellicole più o meno spoof, più o meno note. Nel mirino sempre l’ultraclassico James Bond, e se non altro questo Johnny English Reborn è talmente affine a 007 in termini di look and feel da riempire il vuoto dovuto al ritardo del terzo capitolo del reboot con Daniel Craig. Torna Rowan Atkinson nei panni della spia che vi amava, e con lui la mitica Gillian “xfiles” Anderson nel ruolo di Pegasus, capo dei Servizi Segreti di Sua Maestà. Il cast è ottimo e credibile, e questo da stoffa al film che, potendo contare anche su un livello produttivo sicuramente degno di un vero 007, si distacca da prodotti analoghi. Alla fine la trama di questo Johnny English potrebbe sembrare un’avventura dell’Ispettore Clouseau, con la classica formula dell’imbranato che rocambolescamente riesce a risolvere il caso e a prendersi la gnocca (una meravigliosa Rosamund Pike). Ma va detto, ad onor del vero, che per siamo ben lontani dalle ultra minchiate alla Leslie Nielsen, con una sceneggiatura che tolte le gag di Atkinson (in cui vi assicuro si ride comunque di gusto) potrebbe quasi reggere anche uno spy-movie serio. Insomma, se da un lato questo è un film sicuramente perdibile e probabilmente inutile, dall’altro mi sentirei di consigliarlo a tutti gli amanti del genere spionistico, per l’atmosfera che si respira e per le incessanti strizzatine d’occhio, citazioni e richiami a tutto il mito dell’universo Bond.
Johnny English: I may not know much about golf Tucker, but I know how to hold the bat.