J.J. Abrams continua a pompare ormoni dentro alla creatura di Gene Roddenberry, e lo fa con la consueta maestria. Ma anche con il consueto retrogusto di plastica. Into Darkness è un bel filmone action, cazzuto, con una sceneggiatura bella solida. Ma è anche molto poco sci-fi, ancor meno Trek. Vero che ci provano a mettere le battute tra Spock e McCoy ecc, ma la relazione tra i personaggi, quella chimica inimitabile che era lo spirito del vero Star Trek, aimè latita. Che poi questo non sia necessariamente un male è vero, ed è un solido argomento in difesa di questo polpettone spaziale che in fondo ha l’obiettivo commerciale di allargare la base anche ai non fans di vecchia data. E forse proprio per questo il retrogusto è che alla fine a Into Darkness manchi l’anima. Detto questo, il film scivola via bene, reinterpreta la storia di Kahn (terza volta, dopo l’episodio originale Space Seed e The Wrath of Kahn del 1982), e continua a ridefinire il nuovo universo Trek nato dal reboot del 2009. Molto spazio all’effetto speciale e molto poco a tutti quegli elementi techno-babble, altro dettaglio che rendeva Star Trek Star Trek, ma siamo nel 2013, nel bene e nel male anche questo ci sta. Ora inizia la missione quinquennale, e in teoria con essa un filone di film potenzialmente inesauribile. Speriamo non si perdano via come fa Abrams di solito con le sue serie TV. In fondo il cast è anche decoroso, con una leggera preferenza per Quinto/Spock vs. Pine/Kirk, che è simpatico ma che now and then ti fa sentire dentro una vocina che strilla aridatece Shatner. Bottom line, non un film da correre a vedere, ma se hai visto il reboot del 2009, un sequel più che degno, e comunque due ore di entertainment con il divano in trans-warp.
James T. Kirk: The enemy of my enemy is my friend. Spock: An Arabic proverb attributed to a prince who was betrayed and decapitated by his own subjects. James T. Kirk: Well, its still a hell of a quote.