HGW XX/7 è un agente della Stasi, la polizia segreta della DDR, equivalente del KGB nella Germania est al tempo del muro e della cortina di ferro. HGW XX/7 è efficentissimo, in perfetto stile teutonico. Talmente efficente da essere anche docente addetto alla formazione dei giovani. Nella scena glaciale e agghiacciante su cui il film si apre, la spia spiega a una classe di studenti tutte le tecniche di interrogatorio, detenzione e logoramento psicologico elaborate dal servizio segreto della Germania comunista. Un inizio che turba e colpisce. Le Vite degli Altri non è un film leggero, non è uno spy-movie e non è nemmeno un documentario sulla guerra fredda. Al di là dell’ambientazione e delle tematiche, Das Leben der Anderen è il capolavoro che non ti aspetti, un masterpiece cinematografico che parla di uomini, del loro valore, della loro stessa essenza di esseri umani, messa alla prova ogni minuto di ogni giorno da un sistema capace di schiacciare tutto e tutti. Ulrich Mühe è grande oltre ogni possibile definizione, e interpreta il capitano Gerd Wiesler/HGW XX/7 in modo compassato, come il suo lavoro richiede, ma con una carica e un’energia che sanno essere travolgenti. Intorno a lui ruota un film perfetto, che l’esordiente regista Florian Henckel von Donnersmarck dirige (e scrive) con piglio asciutto e meravigliosamente sintonizzato sul look-and-feel DDR, raccontandoci di una Berlino Est fatta di delatori, spie e gerarchi del partito corrotti e prepotenti. Non entro nel merito della trama che – se non lo avete visto – consiglio di scoprire scena dopo scena, fino al crollo del muro, fino a quando i nuovi equilibri mescoleranno le carte e cambieranno le regole per sempre. Fino a quel libro la cui dedica “a HGW XX/7, in riconoscenza” potrà forse strapparvi una lacrima, mentre il pensiero vola all’importanza del valore di un uomo. Capolavoro assoluto, costato solo 2 milioni di dollari e capace di aggiudicarsi l’oscar come miglior film straniero, a riprova del fatto che non sempre il megabudget è la soluzione per tutto. Ci vorrebbe la sesta stellina per classificarlo adeguatamente. Correte a vederlo, e sappiatemi dire.
Hauptmann Gerd Wiesler: An innocent prisoner will become more angry by the hour due to the injustice suffered. He will shout and rage. A guilty prisoner becomes more calm and quiet. Or he cries. He knows he’s there for a reason. The best way to establish guilt or innocence is non-stop interrogation.